Non mi chiedete che cosa ci stavo a fare in Belgio, vi prego. E non mi chiedete come tutto sia partito tutto da una vaga idea di visitare le istituzioni europee che ci governano da ormai un bel po’ di anni e aumentano di continuo il loro potere, fino ad avere la presunzione addirittura di mantenere in riga gli indisciplinati italiani; di come la speranza fosse magari di avere l’opportunità di conoscere qualche funzionario internazionale a chiedere se magari abbiano bisogno di qualcuno (fosse anche per riempire i distributori di acqua all’interno delle loro mastodontiche sedi…); di come invece un sabato mattina ci si incontra tutti alla stazione Bruxelles Midi con in mente una sola idea: qual è il prossimo treno per Amsterdam?; di come invece mi ritrovo a visitare Bruges (oppure Brugge come vorrebbe l’originale), a girare per quelle strade invase dall’odore di cioccolato, caramelle o di ottime baguettes farcite di tutto quella che passa per la testa di un fiammingo, fino a quando non appare un cartello per le strade della graziosa cittadina con una freccia a sinistra ed una scritta sopra…Cactus Festival…ci guardiamo in faccia stupiti, pensando ad una festa di paese con magari un po’ di folklore locale, ma quando giriamo l’angolo e troviamo il cartellone del programma della tre giorni che infiamma la città, ci viene subito un colpo: stasera c’è Rufus Wainwright!Il gruppo perciò si divide, ed i nostri irriducibili eroi decidono di proseguire e varcare i confini tra la classica gita fuori porta del week end ed una fantastica esperienza rock in un festival nordico (non prima di aver dato un occhiata ai treni della note per il ritorno)…
Dopo aver pagato dazio con 30 euro di biglietto si entra nella struttura allestita all’interno di un parco cittadino, diviso in due zone collegate solo da un ponte su uno dei tanti canali che attraversano la città. Nella prima zona un po’ di musica lunge e fumosi narghilè all’ombra degli alberi segnalavano la presenza di una specie di territorio di decompressione, dove i rockers belgi potevano posare le stanche membra sotto qualche tendone. L’odore di fritto che accompagnerà tutta il soggiorno belga diventava insopportabile mentre si attraversa il ponticello, per la presenza di minacciosi stands di pommès frittès e kebabari che attentava in continuazione all’indipendenza del nostro intestino ed alla salute di noi due poveri italiennès…Appena entrati nell’altra zona si capiva che le cose diventavano più serie per la presenza di centinaia di persone di fronte al palco in attesa del prossimo show: tempismo perfetto! Si recupera velocemente qualcosa da bere e qui apro una parentesi: una bicchiere di birra = 1,60 centesimi di euro, i gestori italiani tengano bene a mente…e così, dopo aver fatto cordialmente amicizia con un gruppo di graziose fanciulle locali entra in scena Rufus Wainwright…
Si siede sullo sgabello di fronte al pianoforte con due grossi occhialoni da sole, per proteggersi dalla luce che colpisce il palco verso le 19, ed inizia a suonare con la grazia e la sensibilità che lo contraddistingue da sempre…Il suo stile musicale si adagia sul pop con una non consueta morbidezza, e la sua prestazione ha un non so che di teatrale che lo trascina a divertenti siparietti e continue discussioni con il pubblico. Non lo avevo mai sentito prima, ho solo letto qualche articoletto qui a lì che ne indicava la carriera precoce e le sue attitudini omosex, i tour con la sorella, giunta anche lei alla ribalta mondiale, anche se da poco: il suo nome è Martha Wainwright. Su tutto ciò che ho letto dominava il concetto conclamato delle capacità inaudite e della voce divina di Rufus. Provo ad ascoltare: Vibrate è uno dei pezzi più belli che ho mai sentito, colpito ed affondato. E’ sulle note di April Fools che una voce soave penetra subito nelle testa di tutte le persone presenti, mentre il sole non ne vuole sapere di tramontare perché irrimediabilmente incantato dalla performance di questo artista americano, che vive con un piede negli U.S.A. e l’altro in Canada. Mi convinco totalmente dopo soli due pezzi. Lui sorride, complice la luce che lo colpisce, e regala uno dei momenti più intensi della serata colpendo al basso ventre con i suoi testi e le emozioni che racconta. Si alza dal pianoforte e va ad abbracciare la chitarra, per proseguire con Cigarettes and Chocolate Milk, dimostrando una grande abilità anche con le sei corde: peccato che all’apice della sua prestazione gli parte un mi minore lasciandolo per un momento interdetto…riparte ridendo, con la sua faccia da commediante, continuando a cantare, nulla ci può rovinare questa bella serata. Continua a spostarsi dalla chitarra al piano e viceversa, ma il risultato non cambia, resta sempre a livelli eccellenti, noi ci facciamo sempre più interessati e cerchiamo di fare uno sforzo in più quando lui ci dice di ascoltare attentamente i testi, perché la sua capacità di songwriting è forse una delle armi più importanti del suo repertorio. Si tratta di Sans Souci, composta a Berlino in una serata in cui nulla aveva senso: delicata come un petalo ondeggiante verso terra senza alcuna apparente direzione per assenza di brezza.
Fantastico. Lo show finisce con il pubblico belga che si spella le mani dagli applausi e noi che restiamo sbigottiti al lato del palco. Non sapendo quale direzione prendere. Sul palco salgono i Tragically Hip. Non mi piacciono. Non ci piacciono. Dopo Rufus Wainwright non poteva arrivare gruppo peggiore di questi. Ad Andrea sembra ancora di rivedere Rufus di nuovo sul palco a suonare il basso con i Tragically Hip, effettivamente gli assomiglia molto ma non credo, non ci metterei la mano sul fuoco. Forse è la voglia di rivederlo cantare. All’uscita adesso. Ci sono un sacco di ragazzini con decine di bicchieri di plastica vuoti in mano, in fila davanti un bancone. Ci avviciniamo incuriositi: 30 centesimi di euro a bicchiere, un ottimo modo per tenere pulito il parco durante il festival ed un incentivo per guadagnare contemporaneamente qualche consumazione per i ragazzi. Il treno per Bruxelles parte alle 23.30, usciamo dal festival e ci dirigiamo verso la stazione contenti di aver vissuto una bella esperienza, ma eccitati per il giorno dopo: finale mondiale Italia Francia, da vedere in terra straniera e prevalentemente ostile, almeno a vedere tutte quelle maglie bleu con il numero 10 e la scritta Zidane sopra…ma questa è un’altra storia…forse un giorno la racconterò…
mag 02
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