Allora, ci eravamo lasciati a Bruges con Rufus Wainwright che faceva il simpatico tra una chitarra ed un pianoforte. Dopo un mese e qualche giorno mi ritrovo di nuovo in Belgio tra un diluvio, un bel po’ di freddo ed un timido raggio di sole. Le spiagge crotonesi e le temperature elevate sembrano oramai solo un lontano ricordo, e passo dai 36 gradi della spiaggia di Cimino a Capo Colonna ai 10 scarsi di Place Jourdan in Bruxelles. Mi devo scaldare un po’ ed allora mi metto alla ricerca disperata di un concerto L’occasione arriva quasi subito, servita su un piatto d’argento: Feest in Het Park è ormai una consolidata realtà del panorama musicale belga, non così rinomata come Pukkelpop, ma nemmeno da scartare. Si celebra ogni anno ad Oudenaarde, graziosa cittadina ad un’oretta di treno da Bruxelles, verso nord ovest, in piena zona fiamminga. Pazzi i fiamminghi, si sa. Ed infatti il sabato indovina un po’ chi hanno invitato a suonare? I mitici The Datsuns…il nostro Closer si arma di impermeabile e spirito di iniziativa, necessari entrambi per sopravvivere quassù, ed arriva alla Gare Centrale di Bruxelles alla ricerca di un treno per Oudenaarde, ben consapevole della necessità di passare la notte sotto le stelle. E’da tanto tempo che aspettavo un’occasione così…Si attraversano paesaggi piatti come tavoli da cucina, la tovaglia è di un verde scuro con disegni di fattorie e case di campagna, qualche paesino e poi solo mucche, mucche, oche, maiali e di nuovo mucche, mucche e mucche che pascolano indisturbate senza avere la minima preoccupazione, insita in ogni uomo, di cosa vorranno fare da grandi. Ma il loro futuro è segnato e la risposta è: bistecche…Arrivati ad Oudenaarde un sole offuscato dalle troppe nuvole di passaggio, al guinzaglio di un vento padrone che imperversa nella regione, si affaccia per darci il benvenuto: non sapendo che direzione prendere seguo il flusso di ragazzi con lo zainetto che attraversa le vie cittadine e si dirige verso una località appena fuori città.
La location è suggestiva: un parco enorme, circondato da boschi verdissimi che si specchiano nell’immenso lago, appare ai nostri occhi. La struttura è basata su tre stages principali sotto altrettanti tendoni, segno della variabilità del tempo di agosto: Dj’s Circus, territorio dance sul quale si alternano diversi dj’s, Le Grand Mix in cui ci si dà al reggae, allo ska, al rap ed all’hip hop ed il Bar Bizar per i fanatici del rock’n’roll. Si inganna il tempo al Le Grand Mix con Postman, un artista olandese che viaggia a metà tra reggae ed hip hop, molto gustoso da vedere. Appena si fanno le 19 mi dirigo verso il Bar Bizar, attratto dalle magliette e dai dischi in vendita dei The Mutts. Si inizia a suonare anche lì e lascio il banchetto delle vendite, proprio dietro il palco, per andare a vedere da dove proviene il frastuono incessante. Sul palco quattro ragazzi hanno appena aperto la serata e sono molto, ma molto bravi. Lo stile vira inconfondibilmente verso il punk, e lascia intravedere notevoli capacità ed una ottimo chitarrista. Pezzo dopo pezzo la situazione si fa sempre più interessante ed anche il pubblico sembra apprezzare. Decido allora di fare il primo acquisto della serata con il nuovo lavoro dei The Mutts, l’album I Us We You. Sarà il mio ascolto preferito per tutta la durata della mia permanenza in Belgio, grazie anche al portatile del mio coinquilino Alex (per informazioni chiedere a Bonzo…)Finito il concerto inizia automaticamente il Dj’s circus, e mi avvicino incuriosito: un sacco di ragazzi a ballare come ossessi, ma il target di età si abbassa notevolmente ed allora preferisco fuggire. Verso le 20 inizia un po’ a piovigginare, il terreno sotto i nostri piedi si trasforma in poltiglia melmosa e le mia adidas bianche iniziano ad entrare in notevole difficoltà sul fango, mentre gli autoctoni, consapevoli della possibile eventualità della pioggia, girano spavaldi a piedi nudi ferendo il mio senso igienico…Risolvo la questione cibo con le classiche pommès frittès, innaffiate di birra a volontà, offertami anche da Pete, un simpatico ragazzo di Gent col quale faccio amicizia, ed a cui vanno i miei particolari ringraziamenti…Mi piazzo verso le 22.30 al Bar Bizar per avere una buona visuale ed alle 23.00 precise arrivano i neozelandesi Datsuns. Si, avete capito bene, Nuova Zelanda. I capelloni sono rimasti in tre, il batterista (Matt Osment) ha preferito un taglio corto, in linea con tempi più frugali. Poche parole, pochi fronzoli subito a suonare, diritti al sodo, presentazione del nuovo Ep, Stuck Here For Days, uscito a Maggio. Il suono è potentissimo come ipotizzato ed i quattro emanano una energia prorompente dal palco. Nessuno riesce a stare fermo, e mi viene da dire “E’rock’n’roll ragazzi, questo sì che è rock’n’roll”…In particolare i due chitarristi sono fenomenali, hanno uno stile vicino alla perfezione ed una agilità nel suonare che ha del paranormale. Partono anche i successi più famosi dei precedenti album, il secondo Outta Sight, Outta Mind (2004) ed il primo ed omonimo Datsuns (2002): “…like a Motherfucker From Hell!!!!” esplode fragorosa mentre dalle due chitarre (Phil Buscke e Christian Livingston) si alzano arcobaleni di suoni che rimbombano appena toccano terra, facendo tremare le nostre gambe. Poi accade l’imprevisto: tra un pezzo e l’altro un tizio approfitta della disattenzione generale per salire sul palco: è abbastanza trasandato, capelli lunghi e petto nudo, sulla quarantina credo, un bel po’ di tatuaggi. Si aggrappa al microfono ma viene subito bloccato dalla sicurezza che infierisce su di lui. Il tizio che accompagna i Datsuns e si occupa del loro sound check interviene per liberarlo, e finalmente, il nostro eroe, arrivato al sospirato microfono, urla “This is a f****ing rock’n’roll show boys! Enjoy it! These are the Datsuns, the best band in this f***ing world!”. Poi si gira rinvigorito e batte il cinque a tutti i membri del gruppo, carichi come molle e pronti a cannoneggiare altri pezzi. E che pezzi! Si sentono influenze degli anni’70 soprattutto dei Led Zeppelin (non dimentichiamo che Outta Sight, Outta Mind è stato prodotto da John Paul Jones, i più preparati sanno a chi mi riferisco…) e tali influenze si notano negli episodi più eclatanti come Blacken’My Thumb e Girl’s Best Friend dove la voce di Dolf De Borst è poderosa. Non è solo copia ed incolla, appare anche una certa originalità che si discosta dalla pista seguita: l’esempio lampante è la fantastica Harmonic Generator, modello di traccia hard rock sincopata. Dopo il bis mi rendo conto di quanto siano stati devastanti perché resto rincitrullito per un 5 – 10 minuti, appena tempo per un altro giro, altre spese: una maglietta dei Datsuns a 12 euro. La misura non è quella giusta. Ma ne valeva la pena.Le finanze iniziano ad assottigliarsi ed allora verso mezzanotte e qualcosa decido di finire i miei bonus birra. L’umidità inizia ad alzarsi prepotentemente e lo spazio sterrato tra uno stage e l’altro diventa un trincea di fango. Le mie adidas si sacrificano quanto possibile. Mi intrufolo nel Dj’s Circus che resta aperto fino alle 4.30 a consumare birre in compagnia di Pete e dei suoi amici. Loro resteranno al camping, hanno preso il biglietto per tutti e tre i giorni del festival. Pete mi racconta del giorno prima, del live degli Audio Bullys, mentre domani li aspetta lo show dei Calexico, al quale comunque avrei rinunciato volentieri. Alle 5.15 mi avvio verso la stazione di Oudenaarde in compagnia di un gruppo di sfegatati fans dei Datsuns, una addirittura con la mia stessa maglietta. E’quasi mattino alle 5.32, quando parte il treno che mi riporterà nella capitale d’Europa…
mag 02
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