a cura di Daniela Badalì
Era novembre del 2011 quando abbiamo preso i biglietti e pioveva. Oggi ci sono 28 gradi e siamo cariche. Prendiamo la metro, facciamo il cambio a Termini, «Dai, corri che oggi la metro B chiude alle 18», attraversiamo il laghetto dell’Eur e arriviamo. La fila per l’ingresso scorre veloce, mi guardo intorno e mi chiedo: dove sono i primi fan dei subs? Intorno a me vedo solo ragazzini e qualche uomo dai capelli bianchi che a vederlo penso sia finito lì per sbaglio cercando il concerto di Amedeo Minghi. Non posso esimermi dal chiedermelo, i miei coetanei dove ca*** sono? Ritiriamo i biglietti, «Perché non ce li siamo fatti spedire a casa?» mi domanda qualcuno. Perché questo aggiunge magia alla serata, all’attesa, perché dobbiamo sentire la gente, respirare l’atmosfera. Perché 15 anni sono tanti.«Perché Giò, questa sera torniamo giovani».
È arrivato il momento, entriamo e la prima cosa che vediamo è la scenografia. Un banner enorme e un po’ sbiadito, che riprende la copertina del primo album. Il parterre è semivuoto e le scalinate completamente vuote.
L’adrenalina aumenta, ma mancano ancora un paio di ore all’inizio. Ci sediamo sotto al palco, sotto la cassa sinistra, mi guardo intorno ancora una volta mentre sorseggio la mia birra sgasata e incrocio gli sguardi di ragazzette tarantolate con l’apparecchio ai denti e con la cover del cellulare di quel gattino cinese dal fiocco rosa. Perché siete qui? Fate largo a chi nel millenovecentonovantasette, – scritto appositamente per esteso per scandire il tempo che è passato-, era adolescente mentre voi prendevate ancora il latte dal seno materno.
Quattro chiacchiere sulle nostre vite, embè ormai siamo “grandi” e dobbiamo farlo, il tempo passa e finalmente si comincia. Le note di Istantanee, il primo singolo in assoluto che dà il nome al tour, risuonano dentro al palazzetto. La vecchia strumentazione, i loro vestiti un po’ vintage, è tutto meravigliosamente perfetto. A seguire, in ordine sparso Onde quadre, Come se, Tutti i miei sbagli, Aurora sogna, Il cielo su Torino, l’Errore, Nuova ossessione, nientepopodimenoche Per un’ora d’amore che mi ha fatto pensare che sì, sto invecchiando, e ancora Colpo di pistola, Cose che non ho e Liberi tutti che segnano definitivamente la fine della mia voce. Gente che balla, gente che salta, gente che suda, gente che poga e che rompe le palle. Ma anche gente che tira delle palle, regalate dallo sponsor, a Samuel che stuzzica il pubblico. E giù una pioggia di palline tutte per lui. Insomma, un do ut des perfettamente riuscito.
Samuel alla faccia di chi dice che non jumpa più come una volta ha fatto ben tre cambi d’abito causa eccessiva sudorazione. Boosta forse è un po’ ingrassato, ma quelle tastiere come le fa ballare lui nessuno mai. Il presidente in splendida forma ha ballato e cantato ininterrottamente. Vicio e Ninja impeccabili e professionali come sempre. Sorpresona per i veri fan dei subs quando sul palco è salito Pierfunk. Gioia e gaudio per gli storici fan dei mitici 5, paura e smarrimento negli occhi dei più giovani, muti durante l’esecuzione di Tu menti dei CCCP e di Up patriots to arms del maestro Battiato. Per non parlare di Preso blu e del mio imbarazzo nel sentirmi puntati addosso gli occhi di un gruppetto di ragazze scioccate dalla mia performance canora.
Cantando “non siete riusciti a bissare Microchip Emozionale” hanno continuato a fare ballare per poi chiudere con Nicotina Groove, dopo più di due ore, un concerto che ha riportato a galla i ricordi di 15 anni.
Con qualche livido in più, con i vestiti fradici, con due chili in meno, con le gambe indolenzite e quasi afona ho salutato ancora una volta i Subsonica. Forse per loro quindici anni non sembrano passati, ma io il peso comincio un po’ a sentirlo.
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