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mag 03

Bottin: fuga dal club

Bottin è sicuramente un personaggio eccentrico del panorama musicale italiano. Per convenzione (a chi scrive non piace usare etichette, però è anche consapevole che a volte per orientarsi bisogna utilizzarle) al momento lo posizioniamo nella casellina della nu-disco, ma come avrete modo di leggere nelle sue risposte, nemmeno a lui piace troppo quest’accezione, preferisce sentirsi svincolato e sguazzare un po’ sulla sperimentazione senza perdere mai però un suo stile ben definito. Ne è un esempio il suo ultimo lavoro, simpatica burla ad un brano degli LCD Soundsystem, brano che si avvicina molto di più alla struttura canzone pop, piuttosto che shakera-natiche del dancefloor, riprendendo comunque una corrente già intrapresa (ma anche un po’ sempre esistita sin dai primi anni ’60) tempo addietro da alcuni esponenti della Valigetta nel reinterpretare in italiano brani dance ’90, anche se nel caso specifico dei Cristalli Liquidi il risultato gode di una forse maggiore freschezza. Ecco quindi alcune domande che ho rivolto a Bottin.

 

Hai sempre avuto nelle tue produzioni una spiccata propensione per un genere che sta tornando parecchio di moda: come cerchi di cavalcare l’onda e contemporaneamente di innovare le tue sonorità?

Non saprei, sinceramente non mi sento di aver cavalcato nessuna onda, ho sempre fatto la musica che sentivo senza cercare di inserirmi in un scena particolare. Alcune volte è andata meglio, altre volte invece peggio. In questo senso anche la ricerca dell’innovazione è un percorso che faccio fatica a capire, sia perché l’evoluzione della musica elettronica ha sempre seguito le possibilità timbriche e compositive date dall’innovazione tecnologia (e di tecnologie davvero nuove in ambito musicale non ce ne sono state negli ultimi anni, semplicemente sono diventate più accessibili), sia perché credo che quando si cerca di fare musica genuina, che non sia mera decorazione o ricalco di un modello preesistente, l’unica innovazione possibile sia quella di cambiare il proprio ambito di azione. Per esempio con Cristalli Liquidi ho quasi scimmiottato l’arrangiamento di alcune delle mie produzioni più fortunate, dirigendole però in un ambito per me nuovo cioè la canzone indie-pop italiana. Non so se questo sia innovativo (non credo) ma credo che il risultato abbia una sua freschezza. Mi sono divertito ad allontanarmi per una volta dalla produzione di tracce da club e a mettermi al servizio di una canzone, anche se nel complesso le sonorità sono assolutamente assimilabili. Insomma il cercare nuovi contesti è forse l’unica vera novità possibile in questi tempi in cui il vecchio e il nuovo, kitsch e chic coesistono senza stupire più nessuno. Forse è proprio questa la caratteristica della musica postmoderna, la contemporaneità tra le speranzose visioni futuristiche del passato e il cinico citazionismo del presente.

 

Preferisci l’attività di dj o di producer? cosa pensi riguardo al fatto che con le moderne tecnologie i due ruoli si stiano sovrapponendo?

Sono due ruoli molto diversi che cerco di interpretare al meglio delle mie possibilità. Sono così diversi che mi ci vogliono sempre alcuni giorni per passare dall’uno all’altro, quando per esempio torno da una serata prima di rimettermi in studio a fare produzioni. Le moderne tecnologie aiutano i produttori a mescolare i dischi (e questo non basta certo per essere bravi dj e nemmeno buoni selezionatori), come spingono alcuni dj a cimentarsi nelle produzioni (con risultati spesso deludenti per il fatto che se non si hanno vere capacità musicali si rischia di essere limitati all’uso di loop e suoni già pronti). In entrambi i casi mi sembra sarebbe meglio non improvvisarsi e dedicare alcuni anni tra ricerca musicale e pratica prima di spendersi come dj-produttori o produttori-dj.

 

Non ti sei mai fatto troppi scrupoli nella scelta dei brani da remixare; ci sono remix che non hai ancora fatto e che stai prendendo in considerazione? e ci sono dei pezzi per cui non te la sei davvero sentita di fare un remix perchè il pezzo è già perfetto e ritieni che non vada “profanato”?

Per la verità sono diventato molto selettivo sui remix che mi chiedono di fare. Ultimamente ne faccio pochissimi. In passato ne ho fatti molti innanzitutto perché volevo far girare più possibile il mio suono, poi perché volevo racchiuderli in una compilation (Discoursive Diversions, uscita su Nang lo scorso anno). Alla fine mi sono accorto che più remix facevo meno voglia avevo di lavorare a brani nuovi e quindi, forse contro ogni ragionamento economico e promozionale, ora preferisco farne pochi ma (spero) buoni. Quanto all’esistenza di brani perfetti da non deflorare, credo che quando si ha la possibilità di avere tutte le parti separate c’è sempre l’occasione di un remix interessante. Diverso invece per i re-edit, alcuni brani sono effettivamente già al massimo della loro efficacia ed editandoli si può solo far peggio.

 

Qual’è il tuo pubblico? quello giovane e modaiolo della nu-disco, o quello che ha vissuto veramente la prima epoca della disco?

Un pò tutti e due. Dipende un po’ dai posti. Ci sono party in cui mi richiedono solo cose d’annata ma mi è un po’ difficile obbedire perché nei miei set la selezione è comunque molto eclettica. Difficilmente suono solo brani disco, nu disco o italo. Mi trovo spesso a mescolare cose vecchie 40 anni con cose nuovissime e comunque ogni decade dai 70 in poi è rappresentata.

 

Qual’è la tua opinione su questa apparente impennata dell’interesse per la nu-disco in Italia rispetto anche all’estero?

Non saprei, non ho notato particolari impennate. Il fenomeno esiste ormai da anni, con i suoi alti e i suoi bassi. Credo non sia il meno evanescente dei generi dance. Un pò perché c’è sempre stato un approccio disco alla produzione di musica dance, un po’ perché è talmente orgiastico da potersi sempre imbastardire, al contrario della house e della techno più ortodosse. In Italia siamo stati un pò’ più lenti a recepirlo, anche perché c’è un pubblico che in genere predilige sonorità più aggressive e a cui a volte manca l’ironia e la disinibizione necessaria a scatenarsi con il pastiche della disco.

 

• Nel tempo libero cosa ascolti?

Ultimamente sono ossessionato da Gianni Bella, i dischi degli anni 80 fatti con Mogol e Geoff Westley.

• Qual’è l’ultimo disco brutto che hai ascoltato?

Perché inquinarsi le orecchie ascoltando musica brutta? Per fortuna (o per superbia?) capisco quasi subito se vale la pena di ascoltare qualcosa. Se proprio devo dire, non amo molto questo ennesimo ritorno della deep house, che trovo un po’ freddo e poco coinvolgente.

• Con chi ti piacerebbe collaborare in futuro?

Giorgio Moroder, Claudio Simonetti e John Carpenter. Chiedo troppo, lo so.

 

Un ringraziamento davvero sincero a Bottin per la sua disponibilità nel raccontarsi. La sua “Volevi una hit” targata Cristalli Liquidi è uscita un paio di giorni fa in digitale sulla piattaforma di I-Tunes, in prezioso e rigoroso vinile 7” per l’etichetta olandese Arifact mentre in Italia il brano è stampato per la Mashhh! dei Casa del Mirto che ne hanno anche curato un remix.

 

Ascolta Volevi una Hit.

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