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mag 03

Sigur Ros – Hvarf Heim

Figli di malinconiche derive post – rock innevate dal chiarore gelido del sole d’Islanda e discendenti diretti di quegli sperimentalismi elettronici tanto cari agli avanguardisti di mezza Europa, i Sigur Ros, forti di una fan base sempre più trasversalmente disseminata fra Radiohead, Metallica, Madonna e Bjiork, tornano, a distanza di due anni dall’ottimo Takk e (quasi) in contemporanea con l’uscita dello splendido DVD Heima, con un doppio album ricco di rivisitazioni celebri, pezzi inediti e quel tocco di sano e sincero (auto)citazionismo capace di ricordarci, ancora una volta, a distanza di dieci anni dal debutto ufficiale, quanto il dolce incidere elettrico delle loro melodie, a tratti narcotiche, sia capace di emozionare e sconvolgere costantemente lo spirito di un pubblico divenuto, col tempo, sempre più esigente e sfaccettato.

Lontano dall’apparire uno di quei classici paradigmi natalizi creati ad hoc per rimpinzare di moneta sonante le tasche di qualche astuta band prima del veglione di Capodanno, questo doppio Hvarf/Heim suona, invece, come la dimostrazione più emblematica e sincera delle evidenti abilità artistico – compositive del four act islandese, in un prodotto teso a suggellare il proprio indubbio gusto per le suite impalpabili e soffuse, per i suoni dilatati ed eterei e per i registri armonici ariosi, quasi timidi e leggeri.

Hvarf, prima parte di questo doppio lavoro, è un microcosmo affascinante di elettricità, dove agli echi pulsanti di un passato rappresentato da due brani come Von e Hafsól si aggiungono le arie contemporanee di tre canzoni inedite : Hljómalind, Í Gær e Salka.
Proprio quest’ultima, scartata da () e spesso eseguita in sede live, funge da opener per l’intero disco, dove il trademark della band non tarda a farsi riconoscere, con i suoi tipici rumori fluidi ed i tappeti sonori affidati al tocco magico di Sveinsson ed alla voce, quasi nascosta e lontana, di un sempre mirabolante Jónsi Birgisson.
Sei minuti sul ciglio della bellezza, pronti a lasciarsi andare (di nuovo) sulle note della successiva Hljómalind, per l’occasione anche singolo apripista dalla matrice marcatamente fiabesca, o di Í Gær, sospesa tra l’ebbrezza emotiva di una danza macchiata dal tocco degli xilofoni ed i frequenti cambi di ritmo in perfetta sintonia progressive.
Le due ultime tracce di Hvarf, come già preannunciato, non sono altro che la Von contenuta nel debutto omonimo del 1997, rivestita a nuovo per l’occasione ed accompagnata dal fluire lento di un’orchestrazione sinfonica, e la più mite ed invasiva Hafsól, complessa macchina sonora parafrasata in architetture levigate, dall’ampio respiro inquieto, tragico.

Completamente dissimile dalle scosse sintetiche di Hvarf, nonché capitolo conclusivo di quest’opera, è, invece, il secondo disco dell’album : Heim.
Un vero e proprio ritorno a casa accompagnato dalle liriche estasianti di sei brani già noti al grande pubblico degli appassionati, riproposti qui in chiave del tutto inedita e, forse, anomala.
Abbandonate le chitarre filtrate, l’oscurità dei sintetizzatori ed i bassi effettati, i Sigur Ros si presentano nudi, spogliati della loro stessa armatura, in un’insolita veste unplugged, dove, a riverberi e delay, vengono preferiti pianoforte e l’ormai celebre quartetto d’archi Amiina.
Così, dall’intensità struggente della strumentale Samskeyti alle cantilene sfumate di Vaka, passando per una Ágætis Byrjun mai così “viva”, soffice e straordinaria, tutto sembra assumere contorni sempre più nitidi, chiari, decisi, come se le suggestioni visive dei Sigur Ros più rock e diretti non fossero altro che lo specchio di un’anima tesa, cupa, ma pronta ad aprirsi nella solarità di una composizione intimistica e sentimentale.

Due volti della stessa medaglia, dunque, due entità in perfetto equilibrio fra loro ed in completa armonia nella totalità delle strutture proposte.
Due anime emozionanti ed emozionate che, seppur prive di innovazioni nelle alchimie compositive, ancora una volta, ci consentono di tornare a sognare, con l’onirica consapevolezza che, di gruppi così, ce ne sono davvero pochi in giro.

Tracklist:

Hvarf

  1. Salka
  2. Hljómalind
  3. Í Gær
  4. Von
  5. Hafsól

Heim

  1. Samskeyti
  2. Starálfur
  3. Vaka
  4. Ágætis Byrjun
  5. Heysátan
  6. Von

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