Osservando analiticamente ciò di cui sembra comporsi l’attuale panorama musicale italiano più alternativo (utilizzando questa terminologia non per chissà quali presunte prese di posizione, ma solo per mettere in luce quel sottile divario oggi esistente fra mainstream ed underground), è facile rendersi conto di quanto esso, in realtà, viva recluso all’interno di un piccolo binomio propositivo da cui si dipanano, tramite due unici approcci ben distinti fra loro, tutte le formule compositive che siamo soliti racchiudere all’interno della suddetta categoria, ovvero : recupero della tradizione folk più malinconica e decadente e/o costruzione di un rock molto maturo ed adulto, costantemente rivolto ai soliti nomi noti e privo della volontà di (ri)scoprirsi.
Insomma, quel che agli albori (fine anni ’80 – metà anni ’90 ?) poteva suonare sconvolgente ed innovativo, oggi finisce solo col ripetersi nella spirale infinita di gruppi – clone dispersi su e giù per la penisola.
A volte, però, accade che la voglia di ricercare (o meglio, di costruire) soluzioni sonore più intime e personali sia più forte dell’omologazione di contesto in cui questo bisogno prende vita : succede che, decostruendo un verso di Agnelli, finalmente la poesia torna a vendicarsi sulla sostanza.
Tanto per fare un paio di nomi : Jennifer Gentle, Beatrice Antolini, Luci Della Centrale Elettrica, A Toys Orchestra ed ora (nel loro piccolo) questi Stop che, con un album di debutto (Persi) raffinato e convincente fino all’osso, cercano (riuscendoci anche) di aggiornare buona parte della matrice stessa del rock più “di genere” suonato nei vari circuiti non tipicamente commerciali.
Lontani dall’ascolto consumistico fine a se stesso quanto dall’eloquenza ridonante del ricercato ad ogni costo, Persi si rivela capace, perfino dopo un semplice ascolto condotto con un minimo di attenzione, di incantare l’ascoltatore con una semplicità straordinaria e di creare un coinvolgimento emotivo che sembra, vuoi per interpretazione canore vuoi per intrecci melodici, esulare dalla canonica metrica dello schema pentagrammato per approdare in un universo inedito generato dalla fusione di più discipline, in primis : teatro e musica (senza dimenticarsi l’approccio visivo, con una copertina assolutamente impedibile, frutto del genio sconfinato di uno dei più rappresentativi fumettisti italiani, Camuncoli, ora in forza alle scuderie Marvel).
Brani come Ti Amo Un Po’, Dormo Lo Stesso, Persi o Liberi Nel Vuoto sono la perfetta conferma di quanto detto finora, la compiuta realizzazione di un processo creativo che, nell’unire dolcezza e brutalità evitando il ridicolo baratro del polpettone melodrammatico, risulta credibile ed affascinante.
Nella capacità di mostrare senza indugio, fin dall’inizio, le proprie linee guida fatte di esperienza tecnica (all’attivo, concerti con Benvegnù, Labyrinth e One Dimensional Man) ed attenzione doviziosa per la composizione in ogni sua più incantevole sfaccettatura – dalle sfumature particolari delle dieci tracce proposte nel disco all’elaborazione di un testo cantato che risulti convincente e “vero”, piuttosto che riempitivo e di semplice contorno – inoltre, gli Stop non possono che aspirare alla palma di rivelazione dell’anno e alla fama di quelle band a cui, nella loro biografia, dicono di ispirarsi.
Tracklist:
01. Persi
02. Liberi nel vuoto
03. Ti amo un po’
04. Dormo lo stesso
05. Mutazioni I
06. Non voglio essere unico
07. Vieni sopra
08. Non mi sorprendi mai
09. Farfalla di polvere
10. Mutazioni II
Genere: Rock
Anno: 2008
Nazione: Italia
Etichetta: Self Distribuzione S.P.A.
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