Ci sono giorni in cui i minuti trascorrono nella disperazione più paralizzante, maledicendo i nomi di ogni singola casa discografica per averti inviato l’ennesimo debut album dell’ennesima band à la Afterhours, come se in Italia non si facesse altro che suonare “alternative” rock (poi, però, mi spiegate il senso della parola “alternative”, nel 2012).
Ci sono altri giorni, invece, in cui benedici il cielo ed i ragazzi della On Mag Production per averti concesso l’onore (e ripeto ONORE) di ascoltare la nuova produzione discografica di quel gran genio musicale di Vito Ranucci, un uomo che di certo non ha bisogno di presentazioni, ma visto che i vostri ascolti, al massimo, spaziano tra Verdena e Marta Sui Tubi, vi dico da subito che il nostro altri non è che uno dei più importanti compositori del Bel Paese, autore persino di alcune colonne sonore per le pellicole di Monicelli, oltre che fra le poche persone al modo a potersi vantare di aver suonato insieme a P.F.M. e Jethro Tull.
A distanza di ben quattro anni dall’ultima fatica, Ranucci da alle stampe un lavoro di puro ludibrio sonoro, sotto il nome di Dialects: un capolavoro a metà strada fra l’elettronica sperimentale ed il jazz più evocativo, la cui formulazione spazia dalla sacralità degli strumenti più tradizionali e sinfonici alla profanità del dj – set, il tutto con quell’assoluta maestria ed eleganza che solo i grandi artisti sanno possedere (e padroneggiare, senz’annegare nel proprio compiacimento).
Passando alla vera e propria analisi del disco, beh … raramente accade, di questi tempi, di trovarsi le orecchie invase da una tale “universalità” di contenuti e forme da rimanere immobili: si veda il conflitto Choral / Impunity, ad esempio.
Da un lato la rievocazione inquietante de La Passione Secondo Matteo di Bach, impreziosita di litanie arabe ed altari protestanti; dall’altro, l’ipnotica modernità del sensuale.
Non due anime, a sconquassare l’opera, ma mille ed altre ancora, come i frammenti d’una coscienza che annaspa nel caos del quotidiano; virtù, vizi e coscienza che s’intrecciano nella magia dell’umana esperienza e dell’aspettativa futura, eros e religione che s’incontrano in un quartiere di periferia e, dandosi la mano, s’incamminano verso il tramonto della civiltà.
Ragione e mistico unite in nome d’una tolleranza davvero umana.
Ranucci ha composto un album direi “perfetto”, se esistesse la perfezione; d’un incanto raro e commovente.
Tracklist
01. Dans le regard
02. Poison
03. WTC
04. Carmela
05. Terra di lavoro
06. Impunity
07. Onde
08. Choral
09. Lullaby for Camilla
10. Napoli Hard
Anno: 2012
Genere: Beyond
Etichetta: MK Records / On Mag Production
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