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mag 03

The Hives @ Black Cat

The Hives

Probabilmente oggi non esiste miglior gruppo al mondo dei The Hives. Probabilmente sarebbero dovuti passare dagli States mentre io ero qui a bighellonare su e giù per la Capitol City. Sempre probabilmente era quasi sicuro che ci sarebbe stato un sold out e che sarei rimasto miseramente fuori dal Black Cat al freddo ed al gelo, incolonnato nella fila degli sfigati in attesa di un miracoloso ticket. E se invece vi dico che probabilmente ce l’ho fatta ad entrare?Riassunto delle puntate precedenti: il prode Closer fa amicizia con i buttafuori del Black Cat, tra i quali un tipo simpatico di nome Alan. All’ultimo concerto Alan dice a Closer di presentarsi alla porta per vedere se si può risolvere il problema. Closer, imbacuccato fino ai capelli, esce al gelo da casa sua ed attraversa P street verso Dupont con in testa mille dubbi e preoccupazioni sull’eventuale riuscita dell’operazione The Hives.
Arrivo al Black Cat verso le 20.00 del 17 ottobre 2007. Il giorno, già speciale di suo, viene impreziosito da una gemma proveniente d’oltreoceano che andrebbe colta subito senza ripensarci. Eccola la fila, la supero un secondo e mi affaccio dentro. Un tipo nero e grosso mi guarda e gli chiedo, con una punta di sudore freddo derivato dalla mia cute preoccupata, se dentro ci sta Alan. Lui si gira, guarda dentro e con lo sguardo mi indica indaffarato con i biglietti. Alan mi fa segno “Ok” e mi dice di fare la fila. Evvvvvvai! Nessun problema quindi, dopo cinque minuti mi trovo davanti a lui e lo abbraccio come un bambino farebbe con suo padre dopo un regalo gradito ed inaspettato. Mi dà il pass, io metto mano al portafoglio e faccio per prendere i soldi, ma lui mi guarda e mi dice “No, no money. You’re my guest tonight…”. Mi verrebbe da piangere per la gentilezza di Alan, lo abbraccio ancora e lo ringrazio, gli dico che lo aspetto sopra per una birra, quando le acque si saranno finalmente calmate dopo il passaggio della nave dei vichinghi svedesi di nome The Hives.

Appena dentro si capisce che non è una sera come le altre. Mi intrufolo in mezzo alla gente e riesco ad arrivare ad un metro dal palco, già pregusto delle foto da far cascare le braccia anche a Benz. Questi si fanno aspettare un bel po’ e resto in piedi per 45 minuti senza batter ciglio, mentr l’afflusso di bipedi riempie il locale. E dopo l’ultimo Come On! Gridato dalla folla, ecco sul palco Howlin’ Pelle Almqvist (voce), Nicholaus Arson (chitarra) Vigilante Carlstroem (chitarra), Dr. Matt Destruction (basso) e Chris Dangerous (batteria) vale a dire Your Favorite New Band. Si, proprio come il titolo della compilation uscita nel 2000, gli Hives si impongono al primo ascolto senza alcun dubbio come uno dei gruppi più formidabili sul pianeta Terra. Provenienti da Fagersta, una cittadina industriale della Svezia, famosa più per i suoi giocatori di hockey che per altro, questi ragazzi sono l’ennesima dimostrazione di come in Scandinavia il rumore delle slitte da neve abbia ormai lasciato il passo a quello di chitarre elettriche imbizzarrite. E sicuramente tra i Mando Diao (visto), gli The (International) Noise conspirancy (visto) e gli Hives ce solo l’imbarazzo della scelta…

Completo bianco e nero con lo stemma H sul petto, scatenano immediatamente una energia dirompente che fa esplodere il locale. La casse fondono subito durante i primi pezzi ed il palco diventa l’arena nella quale i cinque combattono contro gli strumenti come facevano i gladiatori con i leoni. Il pretesto per uno dei concerti più fighi della mia vita è il lancio del nuovo lavoro di Pelle Almqvist & Co. dal titolo The Black And White Album (le ultime due parole vi ricordano qualcosa???). Il singolone che spiana la strada all’uscita dell’album è Tick Tick Boom, un allucinante punk rock che ci investe come uno tsunami, mentre Nicholaus inizia a fare le sue faccine sconvolte in fronte al pubblico. E’il momento. Metto mano alla custodia della Canon, sono a due metri dal palco, già pregusto delle foto da appendere in stanza. Scatto la prima, il flash illumina il palco, così come molti altri. Ma il movimento che fanno quelli della sicurezza mi annoia. Si avvicina uno e mi fa segno che non si possono fare foto. Cazzo. Gli chiedo se posso farle senza flash. Niet. Diamine, era così perfetto. Non c’è tempo per piangersi addosso e pensarci, mi metto l’anima in pace e mi godo il concerto. Try It Again ha un riff che ti spezza la schiena, mentre il cantato si scosta leggermente dalle classiche impostazioni hivesiane.
L’album nuovo dal vivo sembra una figata allucinante e la conferma ci viene stampata in faccia da Hey Little World, dove gli Hives ci dimostrano cosa significa avere stile: un pezzo impostato alla stragrande, con un intro stratosferico, non un muro di suono, ma una montagna che si innalza davanti a noi e ci frana addosso di pura violenza. Arriva anche il momento di sparare i classici: Walk Idiot Walk è il flagello di dio che toglie i peccati del mondo (o li aggiunge?) ed è suonata tra l’ovazione del pubblico. Tyrannosaurus Hives è un album di perfezione assoluta, il classico disco immancabile: gli Hives stasera ne prendono a piene mani, tra una saltellante Abra Cadaver ed un lunatica Diabolic Scheme per tirare un po’ il fiato. Che stasera ce n’è bisogno…Non c’è un attimo di tregua, sembra un mitragliatore dalle munizioni infinite e gli Hives impostano tutto alla perfezione maniacale. Persino troppo, quando per presentare la superlativa Two Timing Touch And Broken Bones Pelle si fa aiutare dal rullo dei tamburi (schema provato e riprovato in allenamento?). Ma poi ecco l’inno della serata: Hate To Say I told You So, tratto dall’album Veni Vidi Vicious è un’apoteosi di riff stilosi e la confusione finale mi fa notare le facce della gente stremate…Main Offender e Supply And Demand  seguono a ruota dallo steso album. Poi ancora la primordiale e monumentale A.K.A. Idiot, dal primo album Barely Legal ci manda KO al round finale. Vincono gli Hives, ed è un risultato giusto. Se vi piacciono le chitarre fumanti, questo è il vostro gruppo!

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