La band di Jason Pierce è stata una delle attrazioni principali di quest’estate. Forse è stata uno dei motivi principali che ci ha portato a muovere le gambe in direzione di Barcellona e del Primavera Sound, ma la confusione ed il tripudio di band del festival non ce ne aveva fatto apprezzare appieno la classe. Le potenzialità però erano ancora indiscusse e ne abbiamo approfittato quando gli Spiritualized sono atterrati al Roma Vintage per uno dei concerti migliori dell’anno. E che ha visto poco spazio per il nuovo album, Sweet Heart Sweet Light, poiché i passati successi della band esigevano il dovuto omaggio allo scarso pubblico presente. Abbiamo solo potuto apprezzare il singolone galattico di Hey Jane, una tirata rock’n’roll fenomenale che affonda le radici nel passato più celebre (chiaro il riferimento a Sweet Jane di Lou Reed) per celebrare la vita e le sue meraviglie, almeno fino alla seconda parte, quando con un capovolgimento degno del miglior Houdini, il sign. Spaceman ci porta dall’altra parte dello specchio. Ad affrontare la morte con il dovuto rispetto solo per farci comprendere in maniera appropriata il gusto del vivere. Delizioso.
Le restanti 10 tracce dell’album confermano la forte tensione esistente tra il lato oscuro e quello luminoso della vita, attraverso una psichedelia spaziale che ha reso celebre la band e soprattutto il suo principale artefice nel corso degli anni: ad esempio l’assoluta Headin’ for the top now (da seguire con attenzione l’elettricità della chitarra) e Life is a problem, per cui il termine di space rock risulta essere più che appropriato. Da ascoltare ripetutamente. I tempi del Sound of confusion non sono poi così lontani, anche se la vena autoriale e compositiva di Spacemen prende notevolmente il sopravvento portando la sua musica in territori che i più potrebbero e vorrebbero definire pop. È questa la principale sensazione che si avverte ascoltando le meravigliose melodie notturne di Too Late e di Freedom, che accarezza amorevolmente il blues, come tutte le cose che toccano l’anima. Solo chi conosce a fondo la discografia del gruppo potrà però obiettare che gli Spiritualized, dopotutto, sono sempre stati più dolci e melodici degli Spacemen 3, ma noi lasciamo queste diatribe scolastiche (nel senso di scolasticismo) da parte. Ci interessa però notare la propensione ascetica della musica degli Spiritualized, confermata dalla visione live dei loro concerti in cui sembra quasi di assistere ad una messa, ad una celebrazione eucaristica della musica a cui avvicinarsi con rispetto e devozione. Una perenne tensione verticale verso l’Universo, o verso Dio (qualcuno potrà obiettare che sono in fondo la stessa cosa): le continue ed ormai storiche invocazioni a Jesus (raddoppiate nelle finali Life is a problem e So long you pretty thing, con cui si crea più di un punto di contatto con i Prima Scream) lo evidenziano appieno. L’uso del piano (in una versione quasi da organo nella straniante Get What You Deserve) e l’abbraccio corale donano un accento soul, quasi gospel alle composizioni dell’album, in particolare in I am what I am. E la continua assenza di ritmo, con la batteria costantemente in secondo piano, lascia ampia libertà alla creatività di Jason Pierce. Con i soliti ottimi risultati. D’altronde chi ha bisogno di ritmo quando può fluttuare liberamente nello spazio?
Label: Domino Recording
Anno: 2012
Tracklist:
1. Huh?
2. Hey Jane
3. Little Girl
4. Get what you deserve
5. Too Late
6. Headin’for the top now
7. Freedom
8. I am what I am
9. Mary
10. Life is a problem
11. Son long you pretty thing
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