Il fiume Amur si trova all’estremità orientale della Russia, e segna il confine con la Repubblica Popolare Cinese. Proprio per questa ragione, il fiume fu teatro dei primi importanti scontri che avvennero tra l’URSS e la Cina maoista durante gli anni ’60; scontri che fecero fallire la teorizzazione marxista dell’impossibilità di guerre tra due Stati a regime socialista. Dubitiamo che il fiume in questione sia a conoscenza della sua importanza storiografica, ma dovrebbe interessarsi di certo alla sua nuova fama musicale. Ciò che ha portato i Taras Bul’ba a raggiungere le sponde di questo fiume che bagna la lontana provincia orientale è una ricerca musicale che al quinto episodio (terzo per la Wallace Records) sembra aver raggiunto un elevato grado di autoconsapevolezza e perfezione stilistica. L’Amur potrà dirsene fiero. La contaminazione di generi di cui il trio si fa portatore abbatte steccati e barriere con la stessa facilità con cui la piena del fiume si libera degli ostacoli artificiali posti dall’uomo: l’ascolto di un’esemplare Short Drop risulta essere stravolgente, con un intro decisamente sperimentale e matematico, successivamente potenziato dall’affluenza di materiale psichedelico di pura roccia granitica. Chitarre evocative e potenti, non molto distanti dalla spazialità di gente come Nebula o Dead Meadow. E’solo l’antipasto prima dell’omonima Amur, i cui riverberi si posano placidamente senza sosta nella lunga stagione invernale prossima ventura. Ai Taras Bul’ba piace giocare con gli spazi ed i silenzi delle grandi steppe orientali, in un piacevole gioco che è un continuo rincorrersi senza sosta su sfondi immacolati ed imbiancati da algida neve. Da seguire con attenzione la coda finale.
Dalla breve descrizione di questi due pezzi si possono evidenziare le molteplici influenze strumentali della band, a partire da quel math rock che non può non richiamare i Battles, ma che risulta esasperato in diversi episodi (vedi la strizzatissima Psicofonia). Le sorprese sono sempre dietro l’angolo: My name is Igor passa anche vicino a terreni industriali ormai abbandonati, ma i cui fantasmi si svegliano al semplice passaggio del fiume in questione, restituendo alle macchine i loro antichi ritmi. Senza contare i diversi assaggi di hardcore presenti in più parti del disco, la cui conclusione sfocia negli 8 minuti di Ior. Un compendio magistrale sotto un cielo oscuro e carico di minacciosi nuvoloni di fine estate, pronti a restituire al mare ciò che il mare ha dato. I fiumi, come gli uomini, solo in prossimità della fine vengono a sapere perché sono nati (cit. Josè Saramago, che di fiumi, e di uomini, se ne intendeva).
Label: Wallace Records, Lizard Records
Anno: 2012
Tracklist
1. Coup de Grace
2. Ogro
3. Short Drop
4. Amur
5. Psicofonia
6. My name is Igor
7. Vertebra
8. Ior
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