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apr 08

Black Mountain – Wilderness Heart

Adoro gli squali. Fin da piccolo ero affascinato dalla loro potenza e decisione, dimostrazione di una eleganza naturale che non ha bisogno di spiegazioni. Vederne uno sbattuto così sulla copertina di Wilderness Heart dei Black Mountain mi lascia a bocca aperta. E non per imitazione, ma per delizia stilistica intrinseca. La classe di McBean & soci è cosa risaputa da un bel po’ di tempo, e non solo per il fenomeno Black Mountain, ma anche per una lunga serie di progetti paralleli di indubbio spessore. Del loro lato selvaggio avevo avuto ogni tanto qualche accenno nei loro album precedenti. Per cui mi appropinquo con rispetto e devozione al nuovo lavoro, ma già dalla prima traccia continuo a restare a bocca aperta. The Hair Song imprime velocità, potenza e la giusta direzione per il nostro viaggio psichedelico venato di striature blues che rinfrescano un autunno accolto con soddisfazione. Old Fangs ha nostalgia di In The Future, con il suo rigurgito di tastiere vertiginose, ma il ballatone di Radiant Heart interviene a tempo debito per smussare la spigolosità di un album divenuto all’improvviso un oggetto contundente quanto una stellina ninja.
Il riffone prepotente di Rollercoaster ci riporta di nuovo alla giostra, dove da una ruota panoramica la visione notturna delle luci della città non è mai stata così bella, accompagnata dalla splendida voce di Amber Webber. Frammenti di anni ’70 lungo il nostro cammino con improvvisi arresti sabbathiani che deliziano il palato. Se avete bisogno di un po’ di punk ci si scatena improvvisamente con la velocità di Let Spirits Ride. Ma solo come potrebbero farlo i canadesi di Vancouver: una vertiginosa esecuzione che termina in un crescendo di synth a battito accellerato. Buried by the blues dimostra che il tema ricorrente in questo nuovo lavoro dei Black Mountain è l’emergere di una considerevole propensione verso un territorio in cui forgiare una psichedelia a tinte forti. Dalle vette delle montagne nere scorre docilmente un fiume che nella valle di Shangri-La trova finalmente la pace: l’immaginario a volte può divenire reale. L’impressione di ascoltare uno dei dischi migliori del 2010 viene confermata da The Way to Gone ed io avrei anche finito le parole per descrivere la compiuta bellezza di un gruppo ormai giunto alla maturazione definitiva. La coscienza di una nuova dimensione musicale. Poi arriva Wilderness Heart e la caccia diventa grossa: Amber Webber cerca di ingentilire il pezzo con decisione, ma le chitarre deviano su un percorso troppo feroce. Lo scontro arresta improvvisamente il disco: la soluzione suggerisce anche accenni di progressive. Altra roba in un lavoro che sembra contenere davvero di tutto. Come The Space of Your Mind, nel quale accedere grazie agli occhi blu dai quali vorresti essere ipnotizzato. Sadie scendi giù, è il momento di tornare a casa. Non prima di aver acceso il motore di una delle band migliori di questo preciso momento storico.
Il lato selvaggio dei Black Mountains si dimostra essere nient’altro che la bellezza insita nella natura delle cose. McBean & soci non hanno bruciato le tappe, ma hanno atteso il giusto momento, la naturale evoluzione per assestare la zampata ferale. O, meglio, il morso finale di uno squalo che continua ad affascinare per la sua potenza e la sua feroce eleganza.

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